Sapessi almeno dove sei
Se le memorie impoveriscono le stagioni che non tornano
l’alba sorprende gli occhi
e slega le bocche alla speranza
Eppure tu ripetevi che il tempo
avrebbe sfogliato altri giorni
accanto a quegli stridi stentorei
che mi rammentavano la spuma del mare
E quando mi raccontavi delle sere che non hanno fine
rincorrevamo quanto perduto nei sogni
leggevamo la malinconia su pietre levigate
mentre stringevamo nelle mani le ombre che ci sfioravano
Ricordi quei sogni che consumammo al sole
e che smarrimmo ai turbamenti della pioggia?
Oggi poco è mutato
Ma del nostro vivere
che ci lascia increduli di fronte alla morte
e a questo Iddio che cerco e non trovo
non sarà ancora per molto
E’ questa l’avventura – diceva mio padre –
se il cielo si adombrava
e il silenzio si addormentava fra i bulbi della luna
Quel silenzio che oggi mi coglie di lontano
tra gli anfratti delle siepi e il rantolo del vento
Sapessi almeno dove sei
o dove vanno i tuoi pensieri
con quella tua ombra che non tace
e che mescola nell’aria gli sguardi oramai a me ignoti
Ora la favola è giunta al termine
maghi e streghe non fanno più paura
ed è un sottile brivido a trattenere il mio pianto
Allora sia questo odore di terra piovana
un sussurro un frammento di buio
e un tiepido abbraccio alla mia inquietudine
Giannicola Ceccarossi


Significazione critica della poesia “Sapessi almeno dove sei” di Giannicola Ceccarossi
La romantica malinconia del Ceccarossi leviga, fino a lasciare l’oggetto della memoria per l’umida ombra creatrice, che la pelle e la natura giunge, aprendo lo spazio, il tempo e i confini alle forze elementari, in sinestesia, per l’infinito dei sentire. L’evento che alimenta l’essere del poeta è la notte, il silenzio dell’inconscio, che genera e cresce possibili immagini ed espressioni di sé. Questa dolorosa Sehnsucht trasforma la perdita oggettiva in brivido di presenza, che i sensi reificano, per l’abbraccio fuggevole e improvviso del mondo ed è così vinta la mancanza ad essere della solitudine.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti