Se tu mi regalassi l’infinito

Sei magma travolgente che risale,
tu liquida fanciulla delle nevi,
signora del tramonto e dell’aurora,
lampo che sferza i nudi miei pensieri:
magnifico ciliegio che s’infiora
quando la primavera è ormai lontana
e il gelo del ricordo mi consuma.

Se tu mi regalassi l’infinito
puntando il tuo sorriso nei miei occhi
certo la morte non mi sfiorerebbe.
Potrei innalzarmi fino alle tue vette
nell’onda di un crescendo rossiniano
e arrendermi ai silenzi dell’oblio.

E se dall’oltremondo della notte
un grido di dolore mi cercasse
saprei come trascendere la sorte
correndo quelle stelle luminose
che stanno alate a ricamare il cielo.
Nascosto nelle latebre del tempo
navigherei le acque misteriose
che dall’occulto mondo del passato
tempestano di sogni la memoria.

Attingerei la luce dall’aurora,
con uno scatto fiero e silenzioso
per rivestire ogni mia parola
della più incomparabile bellezza.
Sarebbe come nascere davvero
nella più sacra delle tante vite
vicino alla tua immobile presenza
lontano da ogni fragile cammino
compiuto nel tepore dell’attesa.

 


Critica in semiotica estetica della Poesia “Se tu mi regalassi l’infinito” di Vittorio Di Ruocco

Endecasillabo e melodico, il verso del Di Ruocco aderge la donna amata a tramite dell’infinito, ella fa mostra di magnificenza nel dono della soglia del sorriso, che accoglie e ripara dal tempo e dalla morte, grembo gestante e di trasmutazione, che ogni scissione duale risolve in unità armonica. La sacertà dell’amore è nel valore del trascendimento di sé, dal segno al senso nella sinestesia, dal tepore transeunte della fragile attesa di una costitutiva assenza, all’ardenza instante dell’essere, all’oggetto di vita eterna, alla rammemorazione immemoriale della deità.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti