Ancora n’artra guera
(La Russia invade l’Ucraina)

Nun c’è ‘na casa ch’è rimasta intera,
macerie zitte senza più lamenti,
finestre che sò bocche senza denti
che sputeno li sogni de chi c’era.

Tramezzo ar carcinaccio e ar porverone
‘na donna se strascina un passeggino,
ce stanno quattro cose e un regazzino
quello che resta da la distruzzione.

Cor peso de chi ha perzo ogni futuro
cerca un riparo inzieme a l’artra gente,
ma ‘na bomba chiamata “intelliggente”
fa sparì tutto dentro a un fumo scuro.

Nun sò vite strappate dar destino
ma dall’odio dell’omo che fa guera,
n’artro orore lassato là pe tera:
du’ corpi… quarche scarpa e ‘n passeggino.

Ancora un’altra guerra

Non esiste più una abitazione intera,
non si sentono più i lamenti delle persone tra le rovine,
le finestre delle case, rimaste senza vetri e infissi, sembrano delle bocche senza i denti
che fanno uscire i sogni di chi ci abitava.

In mezzo ai calcinacci e alla polvere
una donna trascina un passeggino,
sopra c’è un bambino e poche cose
quello che è rimasto dalla distruzione.

Col peso di chi ha perso il proprio futuro
sta cercando un riparo insieme ad altri
ma una bomba che chiamano “intelligente”
fa sparire tutto dentro un fumo nero.

Non sono vite strappate dal destino
ma dall’odio che genera la guerra,
Un altro orrore lasciato lì per terra:
due corpi… qualche scarpa e un passeggino.

Luciano Gentiletti


Critica in semiotica estetica della Poesia “Ancora un’altra guerra” di Luciano Gentiletti

Panica, la parola vernacolare del Gentiletti abbraccia nello stesso dolore l’uomo e le cose, nella partecipazione che tenta la catarsi impossibile di un vissuto comune e universale. Resta l’ineffabilità del male, poiché non integra, non sublima, non trasmuta la materia della sofferenza di fronte ad una coscienza che, crudelmente e meramente, tenta, sulla negazione dell’alterità, l’inetta affermazione dell’identità.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti