Fragile
C’è un sapere nelle notti sbucciate
sotto l’acino di una mezzaluna
Un sapere di anime e di silenzio
Un viaggio senza una meta
Una o troppe stelle lontane
per una materia vecchia
come il tempo che ci rimane
perché ci si accorge di un sorriso
e di qualche ruga che traspare
tra le occhiaie e gli sbadigli
dell’impietoso specchio
che ti saluta tutte le mattine
C’è un vetro rotto nelle anime
che incontrano la tua
una pausa un timore
un nulla senza sapore
E vorresti sapere anche altro
vorresti sapere della terra
che sfami e che ti sfama
questa terra che sembra un caso
come se tutto l’universo fosse
un incidente divino e che la vita
sia solo fatta di 118 soldatini
con le loro stelle e le loro galassie
quasi sempre infinite come l’urlo
indefinito che ti sale da dentro
e confonde ogni sogno e ogni desiderio
devi sapere devi comprendere
l’innocenza che ti assale
nelle notti sbucciate
sotto l’acino di una mezzaluna
Gianluca Regondi


Critica in semiotica estetica della Poesia “Fragile” di Gianluca Regondi
La parola solitaria, continua, inerziale del Regondi rispecchia l’umana dimensione temporale, che la sinestesia poetica riesce costitutivamente a tangere. Unico desiderio umano è la tensione al conoscere, a portare il sapore sensoriale a coscienza, dall’urlo alla parola, anche quando l’alterità non restituisce, non racconta, non riconosce di sé. Il riconoscimento del poeta è demandato alla terra, alla madre archetipica, nel rituale della vita fra la nascita e la morte, eppure mai l’umano è redento dal divenire eracliteo, dal caos inconsapevole dei sensi.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti