Piove su Roma
Piove e su Roma
cala un liquido sipario di corolle cristalline,
perle infrante sull’asfalto e il vento
batte sui vetri con rabbia di cuore impazzito.
In sere come questa il dolore d’esistere
oscura esitanti lampioni
in fondo alla strada lucida di pioggia,
vive agli incroci e nel Tevere cupo,
aspetta impaziente sull’ultima corsa del tram
e svela fragili il corpo e l’anima riflessi
negli occhi di una ragazza china sul cellulare,
triste fiore piegato come per lungo pianto.
In sere come questa si perdono equinozi perfetti,
lacrime di sabbia e ardesia e in ombra di stelle
morenti cadono rose, memorie, primavere.
E io cieco in una casa di specchi.
Ti penso, compagna che forse ho amato,
parla di te la poca luce che consola.
Vorrei sfiorati teneramente il viso
dove forse qualcosa ancora vive di noi,
trasparente assenza che ci vide schiavi
dell’estasi fonda nel porto delle braccia.
Morde il silenzio della giovinezza
sulla nostra panchina all’Aventino,
dove fioriva il roseto quando nel tuo stupore
era tempesta e la fiamma del tramonto nell’iride
mentre dicevo lasciami andare, sentire la felicità
morire a poco a poco sarà troppo lungo dolore.
Il giardino ha già patito il suo sfiorire,
più non conosco il cielo.
Giulio Bernini


Significazione critica della poesia “Piove su Roma” di Giulio Bernini
La parola discendente del Bernini scivola liquida e lentamente trascorre in dolore e in tempo, resi alla sinestesia del movimento in acque fuggenti, partecipati dall’assoluta sintesi di uomo e dimora ambientale all’elemento naturale. La tempesta è inconscio e vivifica, travalica le finestre dello sguardo a battere il cuore del vento, a riecheggiare la città delle emozioni profonde taciute, in estrema catarsi. L’umano è segno al poeta, è parola, dolore dell’esistere: “trasparente assenza” di un altrove d’essere, di silenzio, d’abbraccio, di felicità, di stupore, di cielo, d’infinito, di presente estatico di vita eterna, amaramente e irreparabilmente perduta al dire.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti