Pelle
Il mio prato è bianco
Non ricordo più perché il mare fosse per me così importante
Ricordo le sere di maggio,
le onde, le spiagge solitarie, il prato stellato di lucciole
Ricordo quando mi hai detto che la cintura di Orione
è più bella nel cielo di San Francisco
e io non so se fu quel mare feroce, quel mare stanco
o se gli astri appesi nell’orizzonte scalzo
ma il mio prato è bianco
e non riesco a ricordarmi il tuo sapore
ma ricordo l’attesa
Mi ricordo le notti che non sapevo se
che mi chiedevo perché non sappiamo
né perderci né trovarci
e non so se fu quel dio indifferente a costringerci alla resa
ma ricordo Ostia e quando non potemmo andarci
Io mi ricordo di villa Pamphili
e il sole che ti tramontava tra le gambe
e le tue ansie
e il cuore che scoppia
e le mie ansie
e i giorni tristi
e i giorni belli
Mi ricordo te nudo che tagli l’ananas
Ricordo l’aeroporto quando non venisti a prendermi
e le ciliegie che non raccogliemmo
Ricordo la mia prima casa
i miei posti segreti
il mio mare
che tu non hai visto ascoltato odorato
ricordo la tua pelle
la pelle tua
la pelle mia
la mia
la tua
pelle
Giulia Greco


Critica in Semiotica Estetica della Poesia “Pelle”
di Giulia Greco
La parola teatrale della Greco, ritmica, veloce e frammentata, colleziona ritagli di vita diretta, cerca fra le associazioni libere dell’inconscio ciò che resta: il senso che lega il caos e la molteplicità scissa del divenire fugace. Non è contemplabile forse una provenienza, né una destinazione e tutto è sempre in medias res e perlopiù negato, ma facoltà dell’umano è che tutto sia raccolto e riconosciuto dall’attribuzione. Un evento può colorare per sempre il proprio prato di bianco, perché il rimosso e l’origine immemoriale dalla sabbia del mare e la pelle amata, coappartenente alla propria, accolgono ogni cosa disegni la dimensione orizzontale della stasi, un istante d’eterno, che temporaneamente arresta l’ansia diveniente della finitudine.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti