Il martin pescatore
Saetta un balenio l’idea nascente
è luce in metamorfosi – un’essenza –
un’energia smorzata mentre transita
tra spigoli e sporgenze nel pensiero
con un’opalescenza di riflesso
in freddo di materia
accenna a sostanziarsi – a rallentare
fino a fissarsi – sembra – per lasciarsi
nel vetro d’una forma catturare
ma attento! è una finzione!
se al volo non l’acciuffi… lo sapevo!
t’è sfuggita: si liquefa in gorgheggi
s’invola si dissolve
e all’aria vaporizza
del mattino; l’hai perduta!
inarrivabilmente a ondate i canti
di tortora e usignuolo
la spingono lontano
nella policromia della picchiata
d’uccello pescatore poi scompare
vedi? neppure s’è increspata allo spruzzino
l’indifferenza, l’apatia del mare
Joseph Barnato


Critica in semiotica estetica della Poesia “Il martin pescatore” di Joseph Barnato
Rapida e librante, la parola del Barnato simbolicamente narra dell’umana sfida di Alcione, che in amore rinomina di sé e dell’amato al nome divino per la conoscenza, tuttavia, la finitudine dell’umano è destinata alla realtà riflessa e seconda del segno. La deità costringe l’umano martin pescatore al rito di morte e rigenerazione della coscienza alle profondità dell’inconscio, per tentare di redimere la disperazione luttuosa in nuova promessa di abbondanza, oltre la superficie dolorosa della vita, nel pescoso guizzante, illusoriamente rapito alle ineffabili profondità acquee.
Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti