Demiurgo qualunque

Ghermirò luce con mani di vento,
nel ciel lunilluminato d’eclissi,
fra plumbeomareggiate di scontento,
costruendo mondi come se dormissi.

Sonnambulo dall’estasi istruito,
vergherò i miei fatüi ghirigori,
nel buio ventre d’un cosmo diluito,
sciogliendo sogni com’ aspri liquori.

Acido dentro gli occhî miei contusi,
corroderò perfino il Tempo tarlo,
solo guardandone i tortuosi fusi,
facendolo come a sognar di farlo.

Magnificente nelle mie follie,
elettrico della mia cecità
convulsa di noia, conterò bugie
a Dio sbronzandoLo di Verità.

Proferiranno poi i mondi, l’insulto
della Perfezione, e annegherò dunque,
in tale abominio, senza indulto;
ebbro, sì com’un demiurgo qualunque.

Andrea Di Massimo


Critica in semiotica estetica della Poesia “Demiurgo qualunque” di Andrea Di Massimo

In sogno demiurgico e alchemico, la parola del Di Massimo solve la materia all’indifferenziazione plumbea e melanconica, per il mysterium coniunctionis, ierogamia di una coscienza maschile e di un inconscio femminile. Il poeta è divino artefice, in una drammaturgia dell’estasi fra materia e spirito, a plasmare con i quattro elementi, fra sulphur e mercurius, nuove cosmogonie fra sensibile e intelligibile, a trovare l’anima del mondo. Egli gioca con il movimento degli astri, al cerchio di rotazione per il tempo mobile dell’eternità, ciclicamente a tornare alla finitudine quotidiana dell’artista.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti