Un’altra primavera

Lascia che sia di mammole e di viole
questo risvegliar d’aprile diverso e sempre uguale,
mentre il pioppo arruffa le sue chiome
al refolo del marzo maldestro e incapace.

Lascia che il ciliegio ritrovi i suoi colori
e altri ne inventi il melo, bianchi e pomi,
fino a stordire i passeri e di passo i rondoni
lungo le rotte appese al filo del ricorrersi delle stagioni.

Rintocca il campanile controvento
annunciando all’ambiziosa rosa di fiorire ancora,
illudendo il senno e l’opulente magnolia
di abbigliare di nuovo il cielo dell’essenza profumosa.

Al volo le farfalle ad inseguire la vita
tra le spighe di grano e i fiori di campo
dove le lucertole fanno capolino, e uno zompo,
dove i papaveri scrivono del dolore il tempo.

Lascia che sia la sera a ritrovare il giaciglio
a queste giornate perse ancora da capire
e sperar nel caldo dell’estate
per rileggere, come prima, solo di rose e di lune nuove.

Lascia che sia il cuore a ritrovare dell’acquerello il sole
tra le fessure delle persiane, fino al domani,
prima che la primavera si dissolva all’orizzonte,
perché resti tutto, per non dimenticare.

Anna Maria Colanera


Critica in semiotica estetica della Poesia “Un’altra primavera” di Anna Maria Colanera

Rimata e dondolante, la parola della Colanera invoca il rituale di rinascita primaverile, è la celebrazione vitalistica del grembo della natura, del luogo del tramonto e della palingenesi della coscienza. La disgregazione reintegra alla materia comune e all’indistinzione degli opposti, alla sintesi unitaria del molteplice, per la metamorfosi, per la ciclica rinascita crisalidea di una scelta cosciente del vivere. Il papavero sboccia dal sacrificio, è il nepente di redenzione, sintesi di rappresentazione e di verità. Alla rêverie delle palpebre socchiuse, del luogo transizionale dell’amore è la risposta armonica e universale, la risposta d’eternità.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti