Pietre della memoria

Quanto inverno si è posato su i fiori recisi
e su i nomi stretti nella stessa pietra.
Fa freddo e voi fratelli, là dove siete
copritevi bene con la terra, sono lontani
i vivi, lontana la compassione,
solo le donne crocefisse nell’attesa.
Ombra celere di un volo è il tempo,
di loro non c’è memoria e scuola,
inascoltata la storia è scritta sulle targhe
nei nomi delle piazze e delle vie,
sui trofei di tante morti per un sogno
che vuole fiorire e ha nome libertà.
Di un simile passato non resta che cenere
dove di notte disegniamo libere bandiere.
Sepolto sotto ruggine d’armi e d’odio
è conto aperto il sangue versato,
costretto a tacere con la rabbia in pugno
trova nella mia bocca il fiato della ribellione,
mentre brucia il rimorso di non aver osato tutto
rinnegando così giuramenti d’altri tempi
e le azioni più belle del futuro.
E tu, madre, che sai nei miei occhi il tuo lamento,
non dire che l’alba sempre si presenta,
che la porta apri per il figlio.
In povertà di foglie appaiono gli alberi,
un velo copre la terra che ci diede la vita
e non alita vento sulle insegne straniere.
Negli stretti confini del tempo
è notte fonda sotto il firmamento,
ma dalla parte dove nasce il sole
par levarsi una luce come non fu mai vista,
primavera di libertà che vuol venire ed è inverno.

Giulio Bernini


Critica in semiotica estetica della Poesia “Pietre della memoria” di Giulio Bernini

Condolente, la parola simbolica del Bernini stringe nella pietra tombale dei caduti il senso di nigredo, di smembramento del valore della libertà. Non è esposta la lapide delle morti di guerra al fuoco della memoria e della compassione degli uomini, non sublima, non trasmuta la materia, resta inerte, senza il riscatto di un animato movimento di catarsi, a crocefiggere le madri. È ombra scotomizzata dalla corsa di una coscienza che stoltamente tenta l’affermazione dell’identità sulla negazione dell’alterità. È inverno la guerra all’uomo, senza rinascita in primavera.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti