E ci siamo detti addio

E così ci siamo detti addio. Amaro ora è il silenzio,
mentre rimuovo pietre e frasi sparse lungo i miei passi.
Pallide emozioni assorbono residue trame di turbamento
e placano vecchie braci.
Vorrei poter ancora suggere dai tuoi occhi le immagini proibite di un tempo lontano,
ma il battito delle tue ciglia ha ormai chiuso il rosso sipario dell’ultimo atto.
A passi di danza ora scivolano emozioni
che come petali di rosa spargo negli spazi del tuo ignoto incedere,
mentre il respiro è anelante come dardo infuocato.
Tra vecchie foto ingiallite il ricordo partorisce dolore.
Intanto sui fianchi del tempo si sospendono briciole di poesia
che indugiano su alberi di origami
mentre luci fatue punzecchiano l’orizzonte come fuochi d’artificio privi di vitale ebbrezza.
Vago verso altri destini perché le tue braccia più non mi contemplano.
So che non tornerai più
ma non puoi impedire alle mie rughe di percepire ancora il profumo di te,
prossimo alla linea del mio corpo disteso.
Oggi, in un tramonto rosso sangue, alle soglie di un autunno malinconico,
si liquefa l’emozione in stille di lacrime.
L’assenza delira come un grido malinconia di note
mentre il mistero della fine rilascia la sua resa sulla sabbia imbrunita
che accoglie le onde del tempo stremate dalla banalità dell’umano divenire.
Il tempo tiranno restituisce le virginee conturbanti vertigini
e le prime carezze proibite. Ormai stanca, sulla soglia,
rivedo la tua immagine allontanarsi impietosamente.
Puntino colorato all’orizzonte vai cercando un nascondiglio segreto.
Tutto è compiuto. Non ci sarà un altro ciak in questa impietosa sceneggiatura.
Voci bianche suonano mute gli accordi dolorosi dell’anima folle d’amore.
Come monade la mia anima nomade ripercorre strade alberate.
Si trascina a colpi di frusta
come carovana alla ricerca di quella libertà che dà vertigine.
Pellegrina di emozioni, negate, smarrite, alla ricerca forse del nulla immoto
nel tempo che ignaro scorre oltre i confini del limite.
Dolce e crudele ora è stordirmi nelle stanze dei ricordi,
tra le rugiade appese ai filari. Spesso sono andata in frantumi
ma ho insegnato ai cocci a non far rumore…

Albertina Minissa


Critica in semiotica estetica della Poesia “E ci siamo detti addio” di Albertina Minissa

Epistolare, la parola amante della Minissa mesce impermanenza ed eternità, sulle linee del sentimento dell’amore perduto. Nel dolore la poetessa contiene l’incontenibile opposizione, in sintesi, di caduca fragilità e d’incorruttibilità divina, nella nostalgia che solleva le note smarrite della presenza, che, come sola altra la morte sa fare, vince il divenire.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti