Forse gli uccelli sanno
C’è come un velo, leggero,
disteso sui campi
nei giorni, muti, d’autunno.
È un languire dell’aria,
un’attesa, un’agonia silenziosa
come di passero ferito
o di farfalla che lentamente muore.
Le zolle, denudate, violentate
dall’erpice in estate
pudìche si coprono un poco
di foglie e di stoppie
qua e là sparse e abbandonate.
Paiono bocche, in numero infinito,
aperte, spalancate al cielo
in atto di fede e di abbandono.
Sarà la brina a umiliare la terra
e zittirne il canto, e un avvento di neve
stenderà, pietoso, il suo mantello.
Forse gli uccelli sanno
di un’altra primavera, ma tacciono
intanto che laggiù rabbuia l’orizzonte
e uno spiraglio di luce, ancora,
s’apparta ad occidente e muore.
Umberto Druschovic


Critica in semiotica estetica della Poesia “Forse gli uccelli sanno” di Umberto Druschovic
Melodica, la parola del Druschovic segue elegante le volute del declino autunnale e dell’uomo accompagna il tramonto con la stagione, derubato dall’erpice rettilineo e impietoso del tempo, apre la parola alle bocche della terra, in una delusa tensione alla verità. Umile humus terreno è l’uomo che riconosce la propria insipiente ignoranza per rispetto alla grandezza della sapienza naturale e divina e approda alla resa della coscienza, che sa della necessità invernale di una morte nel silenzio, per poter nuova rifiorire in primavera.
Presidente Fondatrice
Prof.ssa Fulvia Minetti