Ti dico astrali

Ti dico astrali
reminiscenze senza riflessione,
come il battito del tirso
nell’osso sacro dove nasce
il serpente squamato d’innocenza.

Pulsazione ritmica che impiega
i millenni di una segreta strategia
per diventare tempo e mondo nella luce
imperitura, se il guscio transitorio
di una tenebra profonda ancora ci protegge.

Colui che dilapida venti nel segreto
dilagare nell’ebrezza e nel dono
ci assiste con il permanere
ci trema dentro con la dissolvenza;
nella dinamica intraducibile di una danza
che dal magma incandescente della terra
sale fino a diventare una vertigine
nella mente di un dio che allo specchio
vede se stesso moltiplicarsi e divenire.

Così l’aedo la metamorfosi onora
disperdendo il suo volto nell’eccesso,
mentre nella sabbia con il tirso
disegna la fugacità e la contraddice.

Eugenio Cavacciuti (Ettore Fobo)


Critica in semiotica estetica della Poesia “Ti dico astrali” di Eugenio Cavacciuti (Ettore Fobo)

Cosmogonica, la parola rituale del Cavacciuti, in Arte Ettore Fobo, è atto irriflesso e precategoriale di fondazione relazionale dell’origine. L’uomo è segno per l’oggetto della vita eterna, al di là del bene e del male e nella sintesi di entrambi, rendendone partecipe il divenire comunitario, rammemora il divino immemoriale.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti